trent reznor | photographed by joseph cultice
"Eileen" (William Oldroyd, 2023)
Siamo a Boston negli anni '60. Eileen è una ragazza che lavora come segretaria presso un riformatorio minorile e vive in casa con il padre, un ex poliziotto alcolista. Una vita abbastanza monotona per lei fin quando al riformatorio non arriva Rebecca una nuova psicologa. Eileen rimane affascinata dalla sua personalità e dalla sua intelligenza. Le due legheranno molto finchè Rebecca non coinvolgerà Eileen in qualcosa di molto pericoloso.
Dal romanzo omonimo di Ottessa Moshfegh, Eileen interpretata da Thomasin McKenzie (protagonista di Last Night in Soho) è una ragazza che vive la sua vita come se fosse rinchiusa in due prigioni (casa/lavoro) reprimendo i suoi desideri e usando la sua immaginazione per soddisfarli.
Quando arriva Rebecca, per svolgere il lavoro di psicologa al riformatorio (interpretata da una splendida Anne Hathaway), Eileen rimane colpita dal suo modo di fare e dal suo magnetismo.
La psicologa si occupa di un caso abbastanza complesso: il caso di Lee Polk, un adolescente che ha ucciso il padre a coltellate. Rebecca parla con lui e con la madre ma senza risultati soddisfacenti.
La sera della vigilia di Natale Rebecca invita Eileen a passare la serata insieme a casa sua, ma proprio lì ci sarà un punto di rottura e avverrà qualcosa che potrebbe cambiare la vita di Eileen per sempre.
Un thriller dalle tinte cupe, con un'ambientazione e una ricostruzione degli anni '60 abbastanza credibile e con 2 protagoniste molto brave. Peccato che non appena si arrivi alla parte più tesa e drammatica del film, siamo praticamente già alla fine. Avrei preferito un maggiore approfondimento, soprattutto su quello che sarà poi l'elemento clou del film, ma anche sul rapporto tra le protagoniste e sulla loro caratterizzazione. È un peccato, perché il film è davvero interessante ma ti lascia con la sensazione di aver visto qualcosa di incompiuto e abbozzato. Nonostante queste pecche non mi sento di bocciarlo e penso meriti comunque una visione. Lo trovate al cinema 😊
Richard Weedon (1993) nouvelle photo grand format
"I tre volti della paura"(Mario Bava, 1963)
Difficile stabilire quale sia il miglior film di Mario Bava. Ognuno dei suoi lavori rappresenta un tassello che compone una filmografia spettacolare che lo renderà il Maestro del cinema horror italiano.
Uno dei suoi lavori che apprezzo in particolar modo è "I tre volti della paura", un film diviso in 3 episodi introdotti dal grandissimo Boris Karloff. Tre episodi differenti tra loro ma tutti validissimi, curati e affascinanti in egual maniera.
"Il telefono", accreditato a Maupassant, in realtà è tratto da un racconto di F.G.Snyder. Episodio thriller che personalmente mi crea ansia ogni volta che lo riguardo.. raffinato, intrigante e claustrofobico. La protagonista, Rosy, riceve durante la notte continue telefonate da parte di un maniaco che le dice che morirà entro l'alba e qualsiasi suo tentativo di salvarsi, sarà inutile, persino chiamare la polizia non servirebbe a nulla, visto che l'assassino sembra essere lì nei dintorni e la sta addirittura spiando. Ma non tutto è come sembra...
Altrettanto interessante l'episodio "I Wurdalak' tratto da un racconto di Tolstoj, un horror gotico ambientato nell'800, dove troviamo una famiglia minacciata dalla presenza dei Wurdalak, vampiri che uccidono coloro che in vita hanno amato di più. Oltre ad introdurre i 3 episodi, Boris Karloff interpreta Gorca, l'anziano padre partito da oltre cinque giorni per dare la caccia ad un Wurdalak, ma egli stesso diventerà uno di loro. Bellissimo episodio, ambientazioni tetre e suggestive, con un uso impeccabile delle luci in perfetto stile baviano.
Il terzo episodio, "La goccia d'acqua" è tratto da un racconto di Cechov.
La protagonista, un' infermiera di nome Helen Chester viene chiamata per vestire il cadavere di una medium deceduta durante una seduta spiritica. L'infermiera, nota che il cadavere indossa un anello e lo ruba. Da quel momento in poi inizieranno a verificarsi fenomeni paranormali che terrorizzeranno Helen. Episodio che nonostante la breve durata riesce a creare un'atmosfera inquietante e spettrale, tra virtuosismi registici, e uso azzeccato del sonoro.
Fascination, 1979, dir. by Jean Rollin
The Coffee Table (Caye Casas, 2022)
Il film inizia con una coppia (Maria e Jesus), che con il loro neonato Cayetan si trova in un negozio di mobili per acquistare un tavolino. Il venditore cerca di vendere loro un tavolino da caffè a suo dire speciale, ma abbastanza costoso. Maria non è convinta, al contrario del marito che sembra impuntarsi e che difatti concluderà l'affare. Tornati a casa, Maria decide di andare a fare la spesa visto che avrebbero avuto ospiti a cena, così lascia il piccolo Cayetan a casa col padre che è alle prese col montaggio del nuovo tavolino. Da quel momento le cose prenderanno una piega tragica.
Ho recuperato recentemente questo film spagnolo del regista Caye Casas, nome a me sconosciuto ma che sembra saperci fare, tanto da convincermi a recuperare altri suoi lavori. 'The Coffee Table' è un film che va visto senza star lì a cercare troppe informazioni su cosa si sta andando a guardare. Il film inizia con un tono abbastanza ironico e leggero per poi mollarti una pesantissima mazzata che personalmente mi ha lasciata inebetita. Un'ansia perenne mi ha accompagnata durante la visione arrivando ad un epilogo nerissimo e devastante. Un film che mi ha convinta abbastanza nonostante la sua semplicità e che a mio parere non ha nulla da invidiare agli horror mainstream zeppi di effetti ma senza sostanza. Straconsigliato e imperdibile per chi ama gli horror psicologici.
“Un film è la vita a cui sono stati tagliate le parti noiose.” Alfred Hitchcock
215 posts